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In morte del padre
Scritto da Eugenio Emesti, pubblicato da Oliverio Gentile il 17-05-2007 alle 23:58
"
In morte del padre

Mentre l’alba trionfa sulla notte ti vengo a cercare,
so che non giungerò in tempo,
soltanto spero di vederti sereno,
spero che il dolore non ti abbia sconciato
e sono esaudito.
Tra le lacrime mi consola una serenità,
profonda, che nuota per venire a galla,
come un sughero non può stare sommerso,
così tu non potevi fare a meno di lottare,
mandasti a casa i miei fratelli una volta ancora,
come tante volte facesti anche con me,
quanto mi pesa avere mancato quell’ultimo saluto.

Quante volte ci contrastammo,
quante volte mi offristi cose che non amavo,
quanto tempo impiegasti a imparare ad ascoltare,
un poco,
e fu crescita la tua o resa al tempo?
A che età imparasti ad avere stima delle mie scelte, non so.
Certo fu tardi.
Solo a momenti, a frammenti, a sprazzi
potei infine capire che di me eri orgoglioso,
ma fu un po’ una resa la tua, alla vecchiaia forse,
al tuo bisogno,
ché di poco venni incontro ai desideri tuoi per me.
E d’altro canto ero più figlio di mia madre che di te.
Solo, forse, soccorrendoti ti ho infine trovato
e con te mi sono conciliato.
Ecco ora sento in me come un amore,
Vi sento, Madre e Padre, insieme finalmente.
Lunga fu l’assistenza che vi diedi e poi l’ascolto.
Ora vi sento in me come se voi foste i miei figli
E io pregno di voi, ma non ci sarà mai parto.
Diventerete sempre più piccini e più vicini
E piano ci confonderemo…

L’alba del tuo ultimo giorno tu non vedesti, padre.
Pure, anche quel giorno le seguì l’aurora.
La pace ti conquistasti con fatica.
Dopo battaglie durate una vita,
anche nella casa di riposo, tu non riposasti,
formasti un comitato di degenti,
rivendicaste i vostri diritti
confrontandovi con i dirigenti…
La tua lotta non fu inutile se ci insegnasti a lottare.

Milano 26 marzo 2007



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