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Perchè non lasciano l'erba
Scritto da mario ferrandi, pubblicato da Oliverio Gentile il 27-04-2007 alle 09:01
"
un RCMino su giovedì 26 aprile 2007 alle 16.07 +0000 ha scritto:
Per questa ragione mi domando la vostra posizione sia solo frutto d’ideologia, o veramente Milano abbia perso ogni traccia di storia e di splendore, persino nei ricordi della vostra infanzia, come quello dell’erba della vecchia Via Gluck!
Perchè no? In origine anche RCM voleva essere un tentativo di recuperare la migliore milanesità in estinzione...
Posso dire la mia. Per qualche motivo a me misterioso, io non ho mai sentito l'esigenza di rimuovere il passato recente, trovandomi spesso solo per questo, e spesso pesantemente isolato, non comprendendone neanche adesso il motivo.
La Milano della mia infanzia matura, quella in cui comprendi e ricordi le cose, era quella degli anni '60. Una città grande in estensione circa la metà di adesso, anche se con grosso modo gli stessi residenti; nebbiosa perchè navigli e fossi erano aperti e la campagna entrava in città; poco oltre dove abito io adesso, in via Ripamonti, c'era il capolinea del 24 dove arrivavano i cacciatori coi cani IN TRAM! C'erano cartelli in ogni tram (gli stessi di adesso, ma quelli piccoli classici sono anche degli anni '30, tuttora in servizio) che illustravano dove tenere i cani per i cacciatori (in fondo) e il fucile smontato; sul tram oltre al guidatore c'era un bigliettaio che ti dava il biglietto dal rotolino a 30 lire; i cacciatori scendevano al capolinea in aperta campagna, e alla sera tornavano con fagiani e anatre appese orgogliosamente; alla Befana, sempre nebbia fitta, il mi' poro babbo mi portava in pza Duomo a portare un panettone regalo ai vigili urbani, la Befana del Ghisa; il 'ghisa' era l'amico dei bambini, dirigeva il traffico su un grosso panettone di legno messo in mezzo alla strada e fermava tutti per farne passare anche solo uno. Era tradizione. A scuola, alle elementari alla Cesare Battisti di via Montegani, c'erano nei corridoi ancora i manifesti colorati con illustrati i tipi di bombe inesplose che ancora (dopo 20 anni dalla fine della guerra) mietevano vittime proprio tra i bambini, specie le bombe a mano Breda, rosse, sembravano giocattoli. Molti milanesi vivevano nelle case c.d. 'di ringhiera', due locali uno su strada e uno su cortile interno, accorpate a due per volta per le famiglie numerose. Moltissime non avevano il gabinetto, solo un orinatoio sul ballatoio. In ogni strada del Ticinese o garibaldi o Bovisa c'erano i bagni pubblici dove andavano a fare, una o più volte la settimana bagno o doccia i milanesi del popolo (penso il 50%, 10% definibili borghesi e benestanti, il 40% ceti medi impiegatizi). Il panorana urbano, che oggi è definito dai centri commerciali ("giri, presente, da Ikea, poi dove c'è scarpe italiane prima di castorama") era definito dalle fabbriche, Innocenti, OM, Brown Boveri, Alfa Romeo, Sit Siemens, Carlo Erba, Marelli, Breda, Ansaldo, etc.
A un certo punto arrivarono i Terùn, i meridionali, a decine di migliaia, a lavorare per queste aziende, quasi all'improvviso, nel '64
Era il Boom. Le campagne prossime alla città vennero invase da ruspe e prefabbricati a 12-14 piani, Gratosoglio, Gallaratese, etc.
Nelle scuole arrivavano, nelle classi, questi bambini spaesati, bruttini, poveri e in difficoltà con l'italiano. Succedeva come adesso con gli immigrati, leggende metropolitane, disprezzo, emarginazione, paura, e dall'altro lato solidarietà e occasione d'impegno per portarli in pari col milanese ambientato
Per farla breve, non esiste UNA Milano, secondo me. Ne esistono almeno due, quella fascista, capitale reale della repubblica sociale, che plaudiva Mussolini al Lirico, che ha fatto i soldi con la borsa nera, espropriando gli ebrei, con le posizioni assunte durante il regime, etc, e quella dei lavoratori, del popolo comune, ormai sopraffatta dai fascisti di Milano in senso amministrativo, e fuggita nell'hinterland dove ancora ti può capitare come a Opera, per dire, di trovare un Comune amministrato da No-global
Questo ceto post-fascista e post-borsa nera, ben raffigurato, per dire, da berlusconi che vanta come suo padre non partecipasse ne alla resistenza ne alla repubblica di Salò ma facesse la spola con la Svizzera pensando 'alla famiglia', ormai dilaga in città e spegne con la sua ributtante volgarità e ignoranza tutto quello che trova acceso e vivo
E' ormai l'Isola dei Morti, vive di mansarde condonate affittate a 1000 euro agli immigrati, di prepensionamenti grabbati negli anni 70 e 80 quando il grasso ancora colava, e di patrimoni chi sa come rastrellati nel periodo bellico. Una giostra di sboroni ripugnanti, vecchi, fascisti, ignoranti e volgari, incapaci della più elementare forma di intelligenza emotiva e di attenzione per gli altri, ipocondriaci, ossessionati dal nuovo, dal giovane, dal colorato, dallo straniero e dal diverso, dominati dalla fame atavica del contadino povero e frustrato che ha fatto i danè in temp de guèra con il cinismo e l'aggressività
Chi resiste sono sacche, localizzate a macchia di leopardo in città, di gente che la gerontocrazia fascista deve per forza tollerare perchè ne ha bisogno per mantenere almeno la forma civile della città, l'educazione, l'editoria, l'arte, la musica, etc. che altrimenti non saprebbe gestire
That's it

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