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L'OPINIONE: Considerazioni su Milano
Scritto da Sandro Bastasi, pubblicato da Oliverio Gentile il 26-08-2005 alle 13:56
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Non c’è verso, si tratta di due visioni diverse del concetto di città, del suo valore sostanziale (funzionale) e simbolico, che estremizzo così: l’una è tutta proiettata sul presente, e privilegia una visione delle infrastrutture prevalentemente funzionale ed edonistica, rivolta al qui e ora (il paradosso di Davide di riaprire i Navigli per andarci in acquascooter mi ha illuminato), in cui la dimensione storica della città gioca un ruolo marginale, di fatto strumentale a una fruizione di tipo estetico-turistico (il bel monumento, la bella chiesa, ...); l’altra è invece caratterizzata da una consapevolezza più ampia, che abbraccia passato e futuro in una prospettiva olistica, per cui una città è anche quello che è stata, è anche quello che sarà, perché lo “spirito” di quello che è stata la caratterizza e la fa vivere, altrimenti la città stessa si snatura e perde di identità, diventa una città globalizzata, uguale a mille altre sul globo terreste. Ovvio, per chi mi conosce, che io mi ritrovi nel secondo approccio. Intendiamoci, a me della fruizione turistica di Milano da parte di tizi che entrano nel Duomo in bermuda con il cellulare in mano frega assai poco, io li caccerei a calci nel sedere, ma questo è una mia idiosincrasia, di tipo forse più estetico che etico o civico, ma tant’è. No, non è la possibilità di un’attrazione turistica in più che mi muove, è il fatto che una città ha un’anima, ed è quest’anima – fatta anche di consapevolezza del suo passato - che devi preservare per farla crescere, se l’anima della città non cresce (e non può crescere distruggendo se stessa), la città stessa diventa un luogo spiritualmente morto, impersonale, di cui non senti più il respiro, e con cui non puoi più entrare in alcuna simbiosi, estranei l’uno all’altra. E’ una consapevolezza, questa, che forse viene con l’età matura, al giovanilismo efficientistico ed edonista di certi trenta-quarantenni del 2005 tutto sommato queste considerazioni possono sembrare risibili. A molti di costoro la città così com’è va benissimo, anzi, per farla funzionare meglio bisognerebbe fare come a Los Angeles, superstrade che attraversano la città, senza la noia di strade e stradine, semafori e sampietrini tra  le ruote …

Un’ultima notazione: è singolare che molti che non esiterebbero a stravolgere  i connotati di una città – a scanso di equivoci, non mi riferisco a nessuno in particolare qui in rete – siano poi gli stessi che sono terrorizzati dalla contaminazione etnica, culturale, religiosa che inevitabilmente comporta l’aumento di cittadini extracomunitari in Milano e dintorni. La multiculturalità – dicono, spalleggiati dal presidente del Senato – distrugge la nostra civiltà, ci porta al meticciato. Quindi – dicono – tu mi vieni a parlare di preservare lo spirito della città ma non sei con noi quando denunciamo il pericolo del “meticciato” et coetera. E’ qui l’equivoco, amici miei: lo spirito, l’anima della città, così come non è legato al qui e ora, non è neppure un riflesso univoco dell’attuale way of life occidentale; la città ha uno spirito che le viene da secoli di vita, e nei secoli si sono avvicendate etnie, culture e modi di vita molto diversi tra di loro, ed è in queste “mescolanze” che Milano ha acquisito la sua fisionomia … Milano è la somma di tutto questo, e valorizzarne le tracce nel tempo, approfondirle, senza fretta e superficialità, con un approccio non consumistico, consente davvero di conoscerla intimamente, di entrare in sintonia con i suoi aspetti più profondi e segreti, con il suo respiro storico. Questo è, a mio parere, il criterio, la base per lo sviluppo, per un’evoluzione armonica della città. Ed è dall’incontro tra questa consapevolezza e la concretezza del presente, delle cose che accadono qui e ora (tra le quali l’immigrazione) che possono scaturire le scelte che daranno lunga vita (in tutti i sensi) alla nostra città.
Ciao!
Sandro

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