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IL RACCONTO: Graffiti e Miti
Scritto da Paola Galli, pubblicato da Oliverio Gentile il 14-06-2005 alle 21:56
"Finale da tragedia greca o teatro elisabettiano: “...e tutti vissero infelici e tormentati dal destino per l’eternità”. Anch’io voglio tessere un canovaccio che abbia per finale lo smascheramento d’un falso mito. Però lo voglio comico, da cabaret, tipo Zelig. Certo, dovrei trovare un attore adatto, sennò anche le battute migliori mi si svaporano. Ci penserò. Intanto penso alla storia. Non è che occorra molta fantasia. Questa per esempio è vera e carina (carina lo dico io, voi smitizzatemi pure!)

Essere frequentatori giornalieri di treni, tra mille avventure, offre anche qualche vantaggio. Si paga una modesta somma per il biglietto e poi ti si apre un mondo vivo, caldo e pulsante. Specie nelle ore di punta, sembra che ognuno faccia a gara ad offrirti un posto in balconata per assistere a confidenze sulla propria vita: scelta della scuola, malattie del bambino, innamoramenti, commenti sull’ultimo film, costi degli affitti, stipendi medi dagli operai ai quadri, amicizie che nascono, amicizie che finiscono, e... (si si, arrivo, moderatore, adesso ci arrivo) e commenti sui graffiti che popolano tutta la cintura che ci accompagna, per circa 25 km di percorso, da Saronno a Milano.

Ne potrei raccontare un po’, ma oggi mi limito ad una. Siamo ai primi Novanta, di graffiti su quei muri grigi ce ne sono ancora pochi, piccoli timidi scarabocchi, nonché i vecchi “Monica ti amo” che non passano mai di moda, e che in fondo fanno ancora sognare qualcosa di romantico. Di stagione in stagione gli scarabocchi aumentano, il tratto si fa più deciso, i colori più sgargianti, le scritte più criptiche e indecifrabili, alcuni disegni suscitano addirittura un “oh” di meraviglia, fra uno sbadiglio e l’altro, perché sono francamente fatti bene. Cominciano a spuntare delle firme. Si, vere e proprie “griffe” con un tratto inconfondibile. Si comincia a vedere in mezzo a un bailamme di forme e colori brutti e senza senso, qualcuno che si distingue, che esce dal mucchio e a cui si darebbe senza troppi problemi la qualifica di artista. Un giorno, tra le firme che tempestavano i muri della Bovisa notammo un certo “Noce”. E cosa disegnava Noce? Niente. Assolutamente niente, non faceva altro che scrivere il suo nome. Prima ha iniziato con una linea unica, sottile e monocroma NOCE. Più tardi ne ha ispessito il contorno NOCE. Poi ha aggiunto tridimensionalità con le ombre NOCE. Poi ha iniziato a usare i colori NOCE, e a spaziare le lettere fra loro N O C E. All’inizio Noce scriveva raso terra. Poi cominciammo a vedere la sua sigla ad altezze sempre più vertiginose, fino a trovarle sopra il tetto di una ditta abbandonata.

I commenti sul treno: “Ma chi è ‘sto Noce?” “Come ha fatto a arrampicarsi là sopra?” “Ma va a laurà, lazarùn!” Io poi, che in treno mi scrivo i romanzi guardando fuori dal finestrino, cominciavo a ricamargli una storia addosso a ‘sto Noce, quanti anni avesse, se fosse un diseredato o un annoiato figlio di papà, pensavo alle sue notti passati a nebulizzare sui muri di una stazione addormentata, mentre i coetanei se la spassavano chissà dove, pensavo soprattutto ... come cavolo ci sarà arrivato là sopra? :-D
Insomma, senza volerlo ne stavo facendo un piccolo eroe della via Gluck, e cominciavano a interessarmi a quella sua (lenta, per la verità, lenta) evoluzione grafica: gli altri già da tempo avevano imparato a disegnare con tratti molto più belli. Ecco, Noce era pure lento, e per questo rischiava di diventarmi ancora più simpatico, pazzesco. Poi i fenomeni passano, e i graffiti sui muri della Bovisa non meravigliavano più nessuno, nemmeno Noce con i suoi funambolismi degni d’un Michelangelo che dipinge la Sistina a testa in giù. Questa è esagerata, ma l’ho scritta apposta.

Che fine ha fatto Noce? Che ne so? Va bene tutto, ma io ci facevo i romanzi, mica ero la sua tutrice. Sta di fatto che un bel giorno in mezzo a tutti quei Noce Noce Noce Noce che ormai tappezzavano la Bovisa, comparve una scritta secca “NOCE È UN ASINO”. Ve lo dico: su quel treno ci siamo messi a ridere tutti, è stato un attacco unisono di ilarità a plauso dell’ignoto critico di street art. Ricordate la favola “I vestiti nuovi dell’imperatore”? Ecco, uguale: è stato liberatorio come ascoltare il bambino che candidamente dice “il re è nudo!” Povero Noce, imbrattatele di belle speranze, il pubblico ha scelto di riempirti il palco di sedani e pomodori. Sarà un caso, ma da allora non ho più visto niente di Noce. Chissà, magari s’è sposato, avrà passato l’esame di avvocato, avrà cambiato residenza. Magari ha tentato la carriera artistica altrove o ha cambiato nome. Ovunque sia, ancora mi rimane il ricordo di quella clamorosa risata solidale. Mi viene da ridere perfino mentre lo digito ;-) Quella scritta fra l’altro c’è ancora, ma oggi non dice nulla a chi non c’era. Io c’ero: grazie spagnoletta! :-D

La morale della mia favola trovatela da soli, non posso pensare a tutto io. Solo una cosa, prima di lasciare la tastiera. Se facciamo di tutti i graffiti un capolavoro, senza un minimo di critica, non facciamo il bene di tante Noccioline. Diciamoglielo, senza cattiveria, ma con onestà “prova con le danze caraibiche o le candele profumate!”. Ma soprattutto “come caspita hai fatto a scrivere là sopra????” :-D

Paola




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