Anteprima di RCM: Hotel Rwanda
Data: 11-03-2005 alle 16:33
Argomento: Arte e Sapere


Film bellissimo, sconvolgente, da non perdere. E’ il minimo che si possa premettere a un commento su “Hotel Rwanda. Una storia vera”, lavoro crudo e avvincente che non lascia un attimo di respiro, e che non per niente è diretto da Terry George, il regista irlandese già sceneggiatore dell’altrettanto potente “Nel nome del padre”.



HOTEL RWANDA
Regia: Terry George
Soggetto e sceneggiatura: Keir Person e Terry George
Consulenza: Paul Rusesabagina
Cast: Don Cheadle, Sophie Okonedo, Joaquin Phoenix, Desmond Dube, David O’Hara Cara Seymour, Nick Nolte
Musiche: Andrea Guerra
Fotografia: Robert Fraisse
Italia, Inghilterra, Sud Africa 2005

“Hotel Rwanda” è il primo film nato dall’accordo di co-produzione siglato fra Italia e Sud Africa

Film bellissimo, sconvolgente, da non perdere. E’ il minimo che si possa premettere a un commento su “Hotel Rwanda. Una storia vera”, lavoro crudo e avvincente che non lascia un attimo di respiro, e che non per niente è diretto da Terry George, il regista irlandese già sceneggiatore dell’altrettanto potente “Nel nome del padre”.
Il film, che narra fedelmente una vicenda realmente accaduta, racconta dell’eroismo di un uomo comune, Paul Rusesabagina, direttore di un lussuoso hotel in Rwanda, al tempo spaventoso e incredibile in cui odio e follia si impossessarono del suo paese, scatenando una guerra civile sanguinaria e infernale che costò la vita a un milione di persone. Paul, mosso solo dall’amore per la sua famiglia e dalla propria morale profonda di essere umano, con astuzia e intelligenza riuscì, mettendo continuamente a repentaglio la sua vita, a salvare 1.268 persone, fra Hutu e Tutsi, rifugiandoli nel suo hotel.
Questo succedeva nel 1994, quando una delle etnie ruandesi, gli Hutu, sferrarono guerra all’altra etnia, i Tutsi, con lo scopo di sterminarli, senza risparmiare nemmeno gli Hutu moderati e pacifici. Un caso feroce di genocidio, condotto in maniera sistematica e barbara per mezzo del machete. Ma ancora più orribile di questi eventi atroci fu l’indifferenza sovrana in cui il tentativo di genocidio si perpetrò agli occhi del mondo. L’Onu rimase ferma, gli stranieri vennero evacuati, il massacro fu lasciato in balia di se stesso. Dell’Africa all’Occidente non importa nulla, questa è la sconvolgente verità: per il Rwanda che moriva atrocemente nel sangue non vi fu nessun intervento internazionale, nessun aiuto, anzi, le truppe straniere che erano lì sgomberarono, mentre i pochi caschi blu dell’Onu presenti erano pressoché impotenti, avvolti nella bandiera ambigua della “missione di pace” con l’ordine di non usare le armi.
Il film è la storia drammatica e avventurosa di come l’Hotel Mille Collines, di proprietà di una catena europea di grandi alberghi, divenne un rifugio che permise a tante persone di salvarsi. Paul, che all’inizio delle atrocità è mosso solo dallo spavento e dall’istinto di salvare l’amata moglie e i bambini, in breve diventa un eroe totale, che sa approfittare della sua posizione privilegiata per salvare il maggior numero possibile di vite umane.
Rapido, avvincente, avventuroso, di respiro epico (molte le scene di massa, che hanno impiegato fino a 17.000 comparse) “Hotel Rwanda” si impone per la sua dimensione umana e per la bravura dei protagonisti (tra i quali, oltre allo splendido Don Cheadle che interpreta Paul, spiccano Sophie Okonedo nel ruolo di Tatiana, la moglie di Paul, e Nick Nolte che impersona un colonnello dell’Onu ). Ma, accanto a questo primo livello di visione, che pure è spettacolare, si impone anche al più distratto degli spettatori quello che il regista ha dichiarato in conferenza stampa, ossia un senso di vergogna e di inquietudine per la totale indifferenza dell’Occidente di fronte a una delle più agghiaccianti tragedie del secolo scorso, nonché per la consapevolezza che una situazione brutta come quella del Rwanda, dove l’appartenenza etnica Hutu o Tutsi è addirittura stampata sul passaporto, fomentando la divisione, è il frutto odioso della politica coloniale del Belgio. In poche parole, se l’Africa è ridotta com’è, la causa è
il suo sfruttamento totale per un secolo da parte degli europei, che poi se ne sono andati lasciando realtà politiche artificiali, frammentate e incompatibili, in cui facilmente sono germinate dittature e lotte interne.
E’ stato per me molto emozionante vedere di persona Paul Rusesabagina, presente anch’egli alla conferenza stampa. Questo eroe comune attualmente vive in Belgio con la famiglia, e ha fondato un’associazione per aiutare i bambini figli del genocidio, cioè i piccoli, che oggi hanno dieci anni, figli degli stupri etnici e rifiutati dalle madri. Questi bambini sono centinaia di migliaia e rappresentano il futuro del Rwanda, una nuova difficile sfida: se infatti rimarranno sulla strada si tratterà di un’altra generazione disperata e perduta, un tassello in più sulla strada della follia.
Un film come questo, che riunisce in maniera magistrale la dimensione epica con quella individuale, la dimensione del sentimento con quella dell’avventura, la storia di un uomo con quella di un intero paese – e noi sappiamo che è tutto vero – va visto sicuramente, e muove a un’ideale partecipazione di spirito con quanto dichiara il regista: “Realizzare questo film è stata un’autentica sfida per tutti quelli che vi hanno partecipato, una sfida che ci ha dato forza ed energia,dagli attori ai componenti della troupe, fino alle comparse che si sono svegliate all’alba e sono venute dai quartieri di Johanensburg, Alexandra e Tembisi per partecipare a questa avventura. Sono fiero di tutti coloro che hanno lavorato con noi e mi sento profondamente onorato di avere avuto l’opportunità di raccontare la storia di Paul, Tatiana, della loro famiglia e della gente del Rwanda. Spero solo di avere reso giustizia alle loro gesta eroiche”.








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